ADL: “Reina falso problema. Chiesa mi piace più di Berardi! Può arrivare un mister X”

Aurelio De Laurentiis ha rilasciato un’intervista al Corriere dello Sport: «Dal 1996 siamo diventate imprese, precisamente società per azioni che hanno finalità di lucro. Questa è l’industria del calcio. Eppure questo mondo è ancora regolato da leggi arcaiche, come la 91 dell’81, trentasei anni fa, dal cui abbattimento bisognerebbe cominciare. Va aperto un tavolo di lavoro e farlo in fretta».

Il Ministro Lotti le chiede proposte. «Conosco il Ministro da tempo, ci frequentiamo da ancor prima che gli venisse conferito l’incarico, e abbiamo avuto modo di parlarne. Il mio pensiero gli è noto: bisogna svecchiare. Lo dice un uomo che ha attaccato Platini e Blatter. Considerati gli epiloghi, devo averci visto giusto».

Scenda nei particolari. «Un incontro, un briefing, o chiamatelo come volete, di settantadue ore tra Ministro dello Sport e Figc e Lega dal quale si esca con un progetto che sia ritenuto un’emergenza e che, quindi venga condiviso da tutte le forze politiche, affinché non ci siano poi ostacoli nell’iter di approvazione delle varie leggi».

Cosa non le è piaciuto del recente passato? «Il dissesto del Parma, di cui la Federcalcio è responsabile, nonostante la Covisoc avesse in maniera seria avvisato del pericolo. Ci sono stati riflessi rilevanti sui club, che ci hanno rimesso soldi, ed è stato falsato un campionato. E adesso, tra la serie B e la serie C, esistono una serie di punti oscuri sui quali non si fa luce».

Come si fa prevenzione almeno per la serie A? «Chiedendo, per le società di serie A, che l’iscrizione avvenga attraverso garanzie che andrebbero richieste alle quattro maggiori banche del Paese. Penso possa essere sufficiente, o magari d’aiuto, per evitare che si ripetano vicende come quella del Parma».

C’è un gap tra ricchi e poveri… «Ma c’è chi insegue la promozione in A per aggrapparsi ad un paracadute di circa 60 milioni di euro che fa praticamente da papà per chi retrocede. La legge Melandri dispensa decine di milioni di euro, anche alle più piccole e meno blasonate. Però poi queste ultime chiedono a quelle che ritiene più ricche giocatori in prestito e la partecipazione agli ingaggi per gli stessi. E tutto ciò mi pare iniquo. Sembra quasi che si venga in A per far profitto e poi tornare in B in attesa di giocarsela di nuovo per la promozione. In tutto ciò non ci trovo niente di sportivo. Ed allora mi chiedo: possibile che nessuno si renda conto che c’è qualcosa che non va?».

Ce ne sono di questioni: tra queste, quella dei diritti tv all’estero. «Sono anni che predico di trovare un grande manager a cui delegare il compito di licenziare i diritti del campionato italiano in tutto il mondo, paese per paese, riferendosi direttamente ai singoli broadcasters, e senza intermediari. E’ un parere inascoltato a quanto pare, ma intanto restiamo indietro e si perdono non solo energie ma capacità finanziare che un mercato, affrontato in maniera appropriata, concederebbe».

Ci sarebbero, in prospettiva, anche i diritti televisivi «italiani». «Ho letto alcune considerazioni di Cairo, che è intelligente e sa guardare lontano, e condivido con lui un tema a me caro da un’eternità: produrre il calcio da soli tramite la nostra Lega, sviluppandolo in maniera innovativa. Andrebbero trovate banche disponibili ad anticipazioni da distribuire ai club di serie A, in maniera tale da salvaguardare l’aspetto finanziario all’inizio di ciascun campionato. Banche garantite, ovviamente, dalla successiva vendita al pubblico. E invece, dal punto di vista economico, fare in modo che la Lega licenzi le partite a tutti i broadcasters possibili, per farle trasmettere in pay. E quindi, le darei a Sky, a Mediaset Premium, a Tim vision, a Vodafone, ad Amazon e a chiunque altro capace di trasmette via pay sul territorio italiano. Verrebbe fuori una distribuzione omogenea, che raggiungerebbe dalle sette alle dieci milioni di abitazioni-abbonate».

Avrà abbozzato anche i conti? «Dieci euro a partita, fanno un abbonamento da trecentottanta euro a stagione a famiglia: si creerebbe un range d’incasso che va dai due miliardi e seicento milioni ai tre miliardi ed ottocento. E’ una forma di benessere per il sistema. Si creerebbero posti di lavoro, iniziative varie. Si potrebbe creare intorno agli eventi – dal sabato, alla domenica, al lunedì sera – un programma televisivo con contenuti esclusivi, sempre gestito dalla Lega. Manterrei la raccolta pubblicitaria delle partite e dei programmi redazionali a favore della Legacalcio. Riconoscerei a tutti i broadcasters una quota sugli incassi per la vendita degli abbonamenti, lasciando la differenza a favore della Lega e quindi dei singoli club».

Il riferimento sembra chiaro: è l’Inghilterra. «La Premier League è il campionato pilota, lo vediamo dalle immagini e lo leggiamo dai conti. Ma noi non siamo da meno: abbiamo tifosi che ci riempiono della loro passione, che potrebbero esser serviti meglio, con maggior rispetto. Non mi dilungo sulla vicenda degli stadi, sulla loro inadeguatezza, su strutture che sono fatiscenti e comunque non invogliano a muoversi dal divano. E allora chi sta a casa ha il sacrosanto diritto di poter apprezzare uno spettacolo vero e coinvolgente, ripreso con tecniche sempre più innovative. In questo modo ci avvicineremo alla Premier e distanzieremo in maniera ragguardevole tanto la Liga quanto la Bundesliga. Far crescere gli introiti significa anche, in prospettiva, agevolare gli investimenti».

Scendiamo in campo e parliamo di calcio: comanderà ancora e soltanto la Juventus, come da sei anni in qua? «Ma io, ovviamente, auguro che il Napoli possa avere quella continuità di risultati che l’anno scorso, nella fase iniziale, ci è mancata. Però abbiamo pagato un prezzo elevato per l’infortunio di Milik: è stato bravissimo Sarri, in quel vuoto che s’è creato, a comprendere le difficoltà di Gabbiadini e ad inventarsi Mertens centravanti. Abbiamo confermato – in pratica – l’intero organico; e abbiamo anche prolungato i contratti di giocatori che garantiscono un ciclo lungo. E’ la nostra politica e direi che in quattordici anni non abbiamo mai tradito: i risultati sono sotto gli occhi di chiunque».

Un anno fa – più o meno di questi tempi – se ne andò Higuain; un anno dopo, perlomeno nelle convinzioni popolari ed anche in quelle della critica, sembrate più forti. «E io penso che questo Napoli abbia già dimostrato di essere superiore all’altro, a quello di due campionati fa. Lo dicono i primati, i punti, i gol della stagione che si è appena conclusa. E però stavolta cominciamo con una sperimentazione già effettuata e ora ripartiamo con una squadra giovanissima e nella quale si inseriranno sempre meglio i vari Rog, Zielinski, Diawara ma anche Ounas che è appena arrivato».

Lei sa che la curiosità dei tifosi si chiama mercato: partiamo da Reina. «Un finto problema. Pepe è coperto dal contratto».

Il prossimo annuncio quale sarà: Mario Rui o Berenguer? «Quello di chi deciderà per primo di venire da noi».

Ha un sorriso che non convince. «E non è poi da scartare l’ipotesi di un mister X, qualcuno che a voi giornalisti, per esempio, è sfuggito».

Se le chiediamo di Chiesa sarà sincero? «Certo che sì: e dico anche che mi piace, che piace a Giuntoli, che è un giocatore di grandissima prospettiva».

Le piace anche Berardi? «Preferisco Chiesa, pur riconoscendo a Berardi un talento enorme».

A proposito: Maradona dice che lei sa di calcio…. «E se lo dice Diego…».