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«Al cardinal Voiello piace molto l’anima operaia e mitteleuropea di questo Napoli»

Interviste
14 Febbraio 2017 12:20 Di redazione
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Silvio Orlando, il Cardinal Voiello, di The Young Pope, ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera: «Non si scherza su queste cose. Sono orgoglioso dell’invito, salgo sull’aereo in punta di piedi, pieno di rispetto per tutti coloro che vivono il tifo in maniera sacrale». Il suo cardinale — il segretario di Stato di Lenny Belardo che legge il Corriere dello Sport e usa come suoneria del cellulare «Un giorno all’improvviso» — è venerato dai tifosi partenopei. La dichiarazione d’amore arrivò con lo striscione al San Paolo contro il Sassuolo: «Cardinal Voiello uno di noi».

«Iniziamo col dire che quello striscione ha portato bene: quattordici risultati positivi di fila. L’apprezzamento era prevedibile ma non scontato. È la dimostrazione che il tifo è diventato una faccenda trasversale che unisce intellettuali e sottoproletari. Ci sono siti coltissimi dove si disquisisce di Heidegger e degli schemi di Sarri. Non ci sono steccati, la grande maestria e l’eleganza formale di Paolo arrivano al cuore. Perché il tifo è un’esigenza vitale».

Quello di Voiello è da vero ultrà. «Lui ormai vive di vita propria, mi ha chiamato e io, quando succede, mi lascio possedere volentieri da lui. Mi sento un clandestino che si gode il privilegio». E lei quanto è tifoso? «Abbastanza per ritrovarmi con altri cinquanta il giorno dello scudetto a piazza del Duomo a fare avanti e indietro in galleria fino allo sfinimento».

Com’è il Napoli di Maurizio Sarri? «Mi piace molto: il suo è un corso operaio, un grande progetto moderno. Pur non avendo players mondiali è partito dai giovani talenti, puntando sul collettivo. Siamo stati più orientati sul Sudamerica, ora con tutte queste H e queste K siamo a trazione mitteleuropea. Mi piace considerarlo un viatico anche per la città».

Cosa vi siete detti quando è andato a trovarlo al centro tecnico di Castel Volturno? «Mi ha colpito che da noi non ci sia una scuola. Molti giocatori italiani arrivano dalle nostre parti, il calcio resta una grande attrazione e opportunità per i ragazzi. Ma chi ha talento ha bisogno di tagliare il cordone ombelicale con la famiglia e l’ambiente. I giovani vengono portati al Nord. La nostra sarà una città normale quando anche il Napoli potrà avere qui il suo vivaio».

Con Paolo Sorrentino sul set discutevate di calcio e della squadra? «Più che discutere, condividevamo. Durante le riprese della serie, verso fine estate 2015, il piano di lavorazione era costruito zigzagando tra gli impegni del Napoli. Poi una volta, un martedì, c’era partita di Europa League, giocavamo in casa contro il Bruges. Paolo decise di girare. Tanto, mi fa, mi sa che siamo rimasti in due a crederci…».

Era un momentaccio in effetti: due punti in tre partite, il San Paolo semivuoto. «E il Napoli vinse 5-0. Da lì è iniziata la riscossa».

A Madrid potreste incontrare Javier Camara, ovvero monsignor Bernardo Gutierrez. «Non credo io e Paolo avremo modo di fare nulla, la trasferta ha tempi serratissimi. Comunque Javier non si interessa di calcio, chi è veramente appassionato è il giovane Papa, Jude Law».

Per chi tifa? «Per il Tottenham che è un po’ il Napoli del loro campionato. Una squadra imprevedibile sempre lì a un passo. Jude è tifosissimo».

Sorrentino ha già scritto la seconda stagione della serie. Che ne sarà del malmostoso e passionale Voiello? Si deciderà a rinunciare, definitivamente, alla cover del cellulare con Higuain? «E chi lo sa? Siamo tutti in ansia, Paolo ha scritto ma nessuno di noi ha letto nulla. Aspettiamo».

Almeno ci dica se indosserà la maglia di Voiello? «Per scaramanzia non lo dico. Ma sogno una scena da supereroe, come Batman o Superman: mi apro i vestiti e sotto la si vede spuntare».

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