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Beccantini: “Quando Pelè disse: 10 secondi di Maradona, hanno ucciso 90 minuti di Brasile”

Calciatori
13 Aprile 2017 10:40 Di redazione
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Ecco uno stralcio dell’editoriale di Roberto Beccantini apparso stamane sulle pagine del Fatto Quotidiano: Diego Armando Maradona. Il massimo della trasgressione, in campo e fuori. Napoli al suo piede. Figlio di Sivori, papà di Messi. Il sinistro pennello e il destro stampella, anche se preziosa come quel pomeriggio al vecchio Delle Alpi. Mondiali 1990, Argentina-Brasile.

Era il Brasile di Sebastião Lazaroni, con tanto di battitore libero (Mauro Galvão). Era l’ Argentina di Carlos Salvador Bilardo, il ct che, da regista degli Estudiantes, aveva preso parte alle zuffe intercontinentali con il Milan.
Niente cazzotti, almeno lui: solo uno spillo nelle natiche dei rivali, ogni volta che sui corner osavano saltare.
Maradona, dicevo. Il Brasile dominava, gli argentini tiravano a campare fino a quando Diego non domò un pallone banale e di destro, appunto, spalancò la porta a Claudio Caniggia. Uno a zero e l’ epitaffio di Pelé: “Dieci secondi di Maradona hanno ucciso novanta minuti di Brasile”.

Sivori, Maradona, Messi, Dybala: è questa l’ evoluzione della specie, in attesa che la storia aggiorni le gerarchie. Di quella terra lì è anche Carlos Tevez, che fu “dieci” alla Juventus prima dell’ avvento della “Joya”. Cicatrici e ghigno da duro, Tevez è l’ altra faccia della maglia e della medaglia. Un guerriero. Cresciuto tra i coltelli del barrio di Fuerte Apache, alla periferia di Baires, e migrante a Shanghai alla modica cifra di 40 milioni a stagione. Il calcio come pugno chiuso e poi, all’ improvviso, come cassa di risparmio. Succede”.

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