Caldara: “Nel primo tempo Mertens mi ha fregato con una finta. Vittoria? Ecco cosa ci diceva Gasp”
Mattia Caldara, difensore dell’Atalanta di proprietà della Juventus e protagonista della vittoria dei nerazzurri al San Paolo, ha rilasciato un’intervista sulle pagine de La Gazzetta dello Sport: Quando lei è partito, l’Atalanta era in vantaggio 1-0 ma in 10 contro 11. Cosa l’ha spinta a risalire il campo fino a Reina? «Quando ho dato la palla a Spina ero sicuro che sarebbe arrivato fino in fondo: mica lo fermi… E allora sono andato avanti. Gasperini dice che anche noi difensori quando abbiamo la palla al piede possiamo diventare offensivi. Poi Spina mi ha dato una gran palla e io non lo so come ho fatto a segnare…».
Scirea è anche l’immagine pulita del calcio romantico. Gaetano diceva a compagni e avversari che litigavano: «Le vostre mogli che vi guardano, non vi vergognate?».
Lei si comporta sempre bene. «Merito dell’educazione dei miei genitori. E’ anche questione di carattere: non sono un attaccabrighe e in campo non mi trasformo. Mi dicono che sono troppo buono, che picchio poco: solo due ammonizioni finora. Ma sono così: se entro, sono convinto di prendere la palla. Altrimenti temporeggio».
Scirea percorse il tragitto Bergamo-Torino nel 1974. Nel 2018, a meno di un anticipo, toccherà a lei. E’ l’esempio da seguire? «Questo paragone è un grande stimolo, ma è anche eccessivo. Quello che ha fatto Scirea è incredibile, a me basterebbe fare la metà. Siamo diversi».
La maglia numero 13 invita a un altro paragone. «Nesta è il mio modello. Mi conquistò per l’eleganza e la capacità di vedere prima cosa facevano gli altri».
E’ sempre stato difensore? «Nello Scanzorosciate facevo il centrocampista, poi all’Atalanta mi hanno arretrato. Per fortuna: in mezzo non avrei mai giocato, andavano più forte».
È sempre stato sicuro di farcela? «No. Ogni estate aspettavo con ansia la lettera di convocazione dell’Atalanta. Arrivava ai primi di luglio, giugno non era un mese facile, pensavo in continuazione che magari mi avrebbero lasciato a casa».
Un girone fa come le disse Gasp che avrebbe giocato in casa contro il Napoli? «Lui di solito il venerdì fa le prove di formazione e dà le casacche ai titolari. Quel venerdì ero tra le riserve. Poi, mentre stavo andando via, mi disse che era arrivato il momento di dare una svolta al campionato. Io non capii. Il sabato mi diede la casacca ma io non credevo che avrei giocato davvero: lui rischiava l’esonero. E invece andò benissimo».
Quale attaccante l’ha fatta soffrire di più? «Mandzukic: non l’ho mai presa con lui». E’ nato il 5 maggio: per la Juve non una data qualsiasi. «Ricordo bene quel giorno: mio papà è interista…». Dopo la partita di Napoli la Gazzetta le ha dato 9. Lei quanto si sarebbe dato? «8,5. Nel primo tempo Mertens mi ha fregato, una finta bellissima». Rugani dice che lei non ha ancora fatto vedere quanto è forte. «Gli pagherò una cena. Anzi due: cominciai a giocare nell’Under 21 perché lui era passato in Nazionale A».
Riesce a non pensare alla Juve? «Sì, me lo sono imposto al momento della firma. Per adesso sono dell’Atalanta e vogliamo fare qualcosa di importante per questa città e questi tifosi. Però sono rimasto impressionato dal JMedical e soprattutto dallo Stadium: è l’impianto che mi ha emozionato di più. C’è un’atmosfera incredibile».
Ma in Champions la segue? «Certo, anche se mi tocca uscire di casa perché mio padre non ha l’abbonamento. Contro il Porto sono stati tutti bravi. Barzagli e Chiellini, poi, sembrava avessero la sigaretta in bocca: mai andati in difficoltà».
Perché a Zingonia si diventa bravi? «Perché c’è una cultura diversa. Hanno pazienza, fanno crescere e maturare i ragazzi senza puntare ai risultati immediati delle squadre giovanili».
Cosa ha provato vedendo tutta quella gente all’aeroporto sabato sera? «Ho pensato che abbiamo fatto qualcosa di grande. Vedere la faccia allegra della gente è bellissimo. Forse non ce ne rendiamo conto ma stiamo facendo sognare i tifosi e noi con loro».
Cosa ha pensato quando è stato espulso Kessie? «Che si era complicata la partita e che bisognava resistere. Non volevo assolutamente prendere gol. Così l’ho segnato…». Com’era Gasperini dopo la gara? «Carico. Ma lui ci credeva da giorni. In settimana ci ripeteva che noi dovevamo fare una cosa grande, non una cosa a metà. E una cosa grande era vincere, non pareggiare».
A dicembre lei disse che l’Atalanta aveva il 40% di finire in Europa. Adesso la percentuale è salita? «Siamo al 65%. Ma anche gli altri stanno andando fortissimo. Per restare lassù servono tante vittorie. Dobbiamo continuare così, anzi andare più forte ancora. A Napoli abbiamo superato l’esame di maturità per dimostrare di poter lottare per l’Europa. Noi abbiamo sbagliato solo con la Juve: non c’è stato verso di fare il nostro calcio, loro erano arrabbiati e abbiamo preso una rimbalzata».
La Champions è un sogno che non bisogna nemmeno fare? «Non ci pensiamo. Noi dobbiamo rimanere davanti a Inter, Lazio e Milan».
Questa è la terra del Moscato di Scanzo. Ha brindato ieri? «Ahahahah… Mi piace il Moscato, ogni tanto lo bevo. A tavola, però, sto attento. Mi lascio andare dopo la partita: pizza e coca». Un vizio tremendo.