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Ferrara: “Higuain, ecco cosa ti aspetta. Ma i fischi potrebbero esaltarlo”

Opinioni
30 Marzo 2017 08:17 Di redazione
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Ciro Ferrara, grande ex di Napoli e Juve, ha rilasciato un’intervista sulle pagine del Corriere dello Sport: «L’influenza non m’impedirà di seguire Napoli-Juve in diretta tv. Con la differenza che non dovrò puntare la sveglia alle 3.30 del mattino, come facevo in Cina».

Esonero in Cina? «Roba che manco Zamparini avrebbe fatto. Sia detto con il massimo rispetto per Zamparini, s’intende. Non ce l’ho con i miei ex datori di lavoro, però, in corpo continuo ad avere il sapore amaro di un lavoro incompiuto, di un’opera lasciata nemmeno a metà. E non per colpa mia. Ma non si finisce mai d’imparare, vero?».

Come fu accolto quando rimise piede al San Paolo, per la prima volta da avversario? «In un modo bellissimo. E, alla stessa maniera, i napoletani applaudirono Lippi, assieme al quale ero andato alla Juve. Per alcuni anni, il copione è rimasto sempre lo stesso. Poi, qualcosa è cambiato. Forse perché, per motivi anagrafici, i tifosi più giovani mi ricordano solo come giocatore bianconero e non come il terzino che vinse lo scudetto con Maradona. A Napoli, si sa, la rivalità con la Juve è qualcosa che storicamente travalica l’ambito squisitamente sportivo. Sino a quando non arrivò Maradona, una vittoria sui bianconeri valeva un’intera stagione. Con Diego, i napoletani hanno capito quanto fosse finito il tempo di accontentarsi».

Che cosa aspetta Higuain? «Presumo un’accoglienza variegata: lo fischieranno in molti e l’argentino è il primo a saperlo, avendolo messo in conto sin da quando ha deciso di passare alla Juve. Ma, in molti, ostenteranno indifferenza. I napoletani sono un popolo dotato di ironia, sempre un sintomo d’intelligenza. Ecco, io spero proprio che, al di là dei prevedibili fischi, trovi spazio anche lo sfottò arguto, sottile, corrosivo. E, soprattutto, mi auguro prevalgano il rispetto e l’educazione. La doppia sfida con il Real Madrid, i diecimila napoletani al Bernabeu e il San Paolo ricolmo di passione ed entusiasmo al ritorno, hanno nobilitato l’immagine della città, della squadra, della città. La doppia sfida con la Juve nell’arco di 72 ore rappresenta una doppia occasione per rafforzare quell’immagine. E poi, non sottovaluterei un altro aspetto…».

Quale? «Non conosco personalmente Higuain, ma so per certo che un fuoriclasse del suo calibro non si lasci né spaventare né intimidire da un ambiente ostile. Anzi. In fondo, al Napoli ha già segnato con la maglia della Juve. E’ vero, si giocava allo Stadium e non al San Paolo, ma l’esperienza mi dice che partite così importanti e così delicate come le due in arrivo esaltino i campioni autentici. E Higuain lo è. I fischi potrebbero essere un propellente formidabile».

Perché la rivalità fra Napoli e Juve è acerrima? «Perché la Juve è la squadra più scudettata d’Italia, perché in questi ultimi sei campionati ha continuato a vincere, perché chi vince suscita antipatia fra i tifosi delle altre squadre, perché la Juve è sempre difficile da battere e potrei continuare a lungo. Eppure…».

Eppure? «Eppure, se c’è un momento in cui la sfida fra il Napoli e i bianconeri può essere apertissima, il momento è questo. Il risultato della gara di domenica sera è incerto: al San Paolo può succedere di tutto: i dieci punti che separano le due squadre non fotografano con precisione il vero rapporto di forze. Il divario c’è, ma in una partita secca di novanta minuti il Napoli può colmarlo. Anche se, personalmente, sono convinto che la Juve rivincerà lo scudetto, qualunque cosa accada al San Paolo, e resterà la squadra da battere per diversi anni a venire».

Che cosa deve fare Sarri? Le piace Sarri? La Panchina d’Oro gli è stata assegnata dai suoi colleghi, il che rende il riconoscimento ancora più significativo: e adesso? «E adesso il Napoli deve fare ciò che ha sempre fatto da quando lo guida Sarri. Rammento le perplessità e lo scetticismo che, da più parti, avevano circondato il suo arrivo a Castel Volturno. Si diceva fosse un integralista del 4-3-1-2, che conoscesse un unico modulo, che avrebbe sacrificato i giocatori sull’altare delle sue convinzioni tattiche. E’ andata in modo diametralmente opposto. Sarri è passato al 4-3- 3 e, quando si è infortunato Milik, ha reinventato Mertens attaccante centrale. Altro che falso nove: Mertens è un nove vero, parlano i 20 gol che ha segnato in campionato, senza dimenticare le Coppe. Il gioco del Napoli mi piace, quei 68 gol segnati in 29 partite non sono frutto del caso, ma il frutto di un impianto tattico di prim’ordine. Per questo le ho detto che il risultato di domenica sera è apertissimo. E da napoletano, ex giocatore del Napoli ed ex giocatore della Juve, sa qual è il motivo di sollievo? Che non dovrò giocarla».

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