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Garlando: “Italia orgogliosa di Napoli, del suo Napoli. ADL ha perso all’andata e al ritorno”

Opinioni
8 Marzo 2017 12:30 Di redazione
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Luigi Garlando, firma della Gazzetta dello Sport, analizza la doppia sfida Napoli-Real nel suo fondo apparso stamane sulle colonne della rosea: Sergio Ramos che segna di testa su corner vale la pizza e il mandolino. E’ molto più di un’ abitudine o di una statistica, è quasi un luogo comune. Se c’ era un pericolo annunciato, una minaccia palese al momento del sorteggio con il Real era el hombre de la Decima, il difensore che quando c’ è da fare storia attraversa il campo con l’ inesorabilità di un destino. Il Napoli lo sapeva, ma non ha potuto farci niente. Il castello della marcatura a zona predisposta da Sarri sui calci d’ angolo è sembrato tanto la capanna del primo porcellino, quella di paglia. Sergio Ramos l’ ha spazzata via con due soffi e ha incornato in rete due palloni. Un peccato perché fino ad allora il Napoli aveva dominato meritandosi il diritto al sogno.

E non era stata solo una questione di «cazzimma», di rabbia di scugnizzi, si era trattato di una vera e propria occupazione, del lavoro perfetto di un gruppo di uomini ben organizzati che avevano ricoperto il campo di stretti vicoli di passaggi, da Quartieri Spagnoli e lì avevano fatto sparire il pallone, tanto che il nobile Real Madrid non lo trovava più. Per assistere a quell’ orgoglio il popolo aveva riempito il San Paolo già alle 5 del pomeriggio. Ne era valsa la pena. I galattici di Spagna restavano intimiditi sotto la linea della palla, incapaci di recuperarla e di giocarla, mentre i ragazzi di Sarri se la passavano e scattavano in verticale. Da una parte undici petali neri, disuniti nella loro supponenza di fuoriclasse, dall’ altra un fiore solo, azzurro, con lo spirito di squadra. Mertens ha segnato un gol bellissimo, poi ha colpito un palo e in quel momento il sogno non è mai stato così vicino: una manciata di centimetri. Mai il Real Madrid di Zidane aveva subito undici tiri in un primo tempo.

L’ orgoglio del San Paolo, checché ne pensi De Laurentiis nelle sue sbalestrate teorie da Risiko, diventava l’ orgoglio di tutto il calcio italiano, rappresentato da una squadra che metteva all’ angolo i campioni del mondo. Ma in quel dominio era nascosta in embrione la sua vulnerabilità. Per tessere stretti vicoli di passaggi, per imbucarsi a tutta velocità nei pertugi in verticale, il Napoli si è affidato a gambe corte e veloci. E’ chiaro che poi quando deve spostare centimetri in area per fare muro agli incursori, gli manca sempre qualcosa. Ci sta, è una scelta. E’ anche un po’ la sua storia, una città abituata a lavorare, a inventare arte, a sognare rasoterra, a reagire contro chi si presenta per dominare, diffidente di ciò che incombe dall’ alto. Si sa che il Vesuvio lassù cova pericoli, è un vulcano, è il suo mestiere.

Si sa che Sergio Ramos avanza e segna di testa, ma non c’ è stato niente da fare. Chi ha salvato all’ ultimo respiro una finale di Champions già persa sa che può raddrizzare qualsiasi baracca. Il 3-1, arrivato beffardo da un ex juventino, ha ricalcato il risultato dell’ andata, ma è stata tutta un’ altra storia. Tremebondo, provincialmente aggrappato alla scaramanzia, visibilmente a disagio in un ambiente sconosciuto, il Napoli del Bernabeu è stato sconfitto ben oltre il tabellino. Ieri la squadra di Sarri in qualche modo ha vinto, a dispetto del risultato.

Forte delle sue conoscenze, orgogliosamente vestito d’ azzurro che è il colore della sua storia, il Napoli ha dimostrato personalità e gioco da grande, ha legittimato la sua presenza nella coppa dei migliori, ha guardato negli occhi i campioni del mondo in carica e per un’ ora li ha costretti ad abbassarli. La prestazione di ieri più che deprimere può dare forza a una squadra giovane che ha un futuro promesso. Solo il presidente Aurelio De Laurentiis, con spettacolare coerenza, ha perso di brutto sia all’ andata che al ritorno. Dalle critiche scomposte a Sarri di Madrid alla crociata geo-mediatica di Napoli. Spente le luci del San Paolo, segnalavano ancora Don Chisciotte in lotta solitaria contro mulini a vento di carta stampata, nella notte triste di Fuorigrotta”.

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