Juve-‘ndrangheta, gli ultrà sapevano di essere indagati! Ecco cosa rischia Agnelli

La data da segnare sul calendario è il 26 maggio. Come riporta l’edizione odierna della Gazzetta dello Sport, inizierà il processo sportivo in cui rischiano multe e inibizioni temporanee il capo della biglietteria Stefano Merulla, l’ ex responsabile del marketing Francesco Calvo, il security manager Alessandro D’Angelo e il presidente Andrea Agnelli.

Tutti e quattro mai indagati nel processo penale iniziato a Torino, tutti e quattro colpiti dal deferimento del procuratore federale Giuseppe Pecoraro. Nel testo l’ ex prefetto di Roma ha usato parole insolite e dure, accusando i bianconeri di aver avuto rapporti «consapevoli» con la criminalità organizzata nella gestione dei biglietti. Tutto respinto seccamente dal club che in una memoria di trentasei pagine ha sottolineato «l’ansia accusatoria» di Pecoraro che sarebbe andato oltre le conclusioni dei pm di Torino e il fatto che «i rapporti tra Juve e soggetti legati alla ‘ndrangheta erano già stati esclusi dalla Autorità giudiziaria».

Intanto, altri stralci del deferimento sportivo sono stati diffusi da «Il Napolista», un sito di tifosi del Napoli: uno fa riferimento alla relazione di polizia giudiziaria sul derby Juventus-Torino del 23 febbraio 2014, quello in cui furono esposti striscioni inneggianti a Superga dai quali Agnelli prese subito le distanze. Quella volta D’ Angelo e Raffaele Bucci (lo «Slo» del club suicidatosi dopo essere stato interrogato dai pm), per evitare lo sciopero del tifo, «si prestarono a introdurre personalmente all’ interno dello stadio degli zaini contenenti striscioni e fumogeni, così eludendo la sorveglianza delle forze dell’ ordine».

Circostanza già nota su cui il procuratore, però, si sofferma: «D’ Angelo informa Bucci che è stato beccato e gli riferisce che il presidente l’ aveva apostrofato con la frase “Ale sei un ciuccio, ti hanno beccato”». Quel giorno, quando il manager Juve raccontava che gli ultrà non avevano mantenuto i patti, «Agnelli si limitava a rispondere “ma no no sono dei coglioni”». Per il procuratore federale Pecoraro basterebbe a dimostrare che era «al corrente dei rapporti fra i propri collaboratori ed esponenti del tifo organizzato e della malavita».

Poi un mese fa, il 16 febbraio di quest’ anno, il presidente Andrea Agnelli, sentito dalla procura della Figc, avrebbe addebitato la responsabilità al solo D’ Angelo: «Mi inalberai molto e gli dissi che quel che era accaduto non avrebbe dovuto più verificarsi».

Inedita ancora la testimonianza di Raffaello Verra, il difensore di Bucci. Dagli atti di Torino è finita dentro al deferimento sportivo e risale al 20 settembre, ben oltre il suicidio dell’ ex ultrà avvenuto il 7 luglio. Lascerebbe intendere una fuga di notizie a Torino: «Mi raccontò Bucci verso la fine della stagione 2014-2015 che sapeva che con la fine di quel campionato sarebbe scoppiato un putiferio perché, disse così: “Vogliono fare una indagine sul bagarinaggio”. Mi diceva che tutti i gruppi ultras stavano organizzandosi rivolgendosi a legali. Mi disse che la soffiata era giunta dalla società».

Cosa rischia Agnelli

Nessun coinvolgimento di tesserati bianconeri nel processo penale, ma per la giustizia sportiva si andrà in tribunale. Il presidente rischia mesi di inibizione, la squadra non subirà penalizzazioni.

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