La proposta di Renica: “A D10S intitoliamo lo stadio, la cittadinanza a tutti!”
Cittadinanza a tutti: la proposta di Salvatore Bagni apre il dibattito tra gli ex compagni dell’ 87, protagonisti del primo scudetto napoletano. Originale, per non dire suggestiva, la controproposta lanciata da Alessandro Renica, il numero 6 del Napoli di Maradona, giocava da libero, ruolo ripudiato dalle teorie moderne sul calcio.
«A noi la cittadinanza, a Diego lo stadio. Cambiamo nome al San Paolo: dovrebbe portare il nome del più grande calciatore di sempre che scelse di vestire la maglia azzurra. Il calcio è gioia, è passione, Napoli la città ideale per giocarci, il San Paolo un luogo magico: quella è stata casa nostra sostiene Renica, che oggi fa l’ allenatore dove abbiamo costruito vittorie e trionfi. In quello stadio Diego si è esaltato: nessuno più di lui meriterebbe un gesto così importante e gratificante».
Beppe Bruscolotti era il capitano storico della squadra azzurra, prima di cedere la fascia proprio a Maradona. Ha provato due mesi fa a compattare le forze politiche e sportive della città per celebrare degnamente i trent’ anni dal primo tricolore, con risultati poco soddisfacenti. Domani sera, comunque, sarà in piazza accanto all’ amico Diego. «Ha ragione Bagni, la riconoscenza dovrebbe essere per tutti quelli che contribuirono alla vittoria finale. Personalmente, io premierei anche i magazzinieri e i massaggiatori.
Quello del Comune è un autogol: da palazzo San Giacomo erano partiti con l’ idea di festeggiare il trentennale e adesso conferiscono la cittadinanza solo a Maradona. Sia chiaro, lui la merita più di tutti ma bisognava trovare il modo per riconoscere il contributo offerto da tutto il gruppo perché quella fu la vittoria dello spogliatoio. Dopo tanti bei propositi, tutto si ridurrà a una piccola rimpatriata, un’ occasione formale per trascorrere qualche ora insieme».
A guidare in campo la squadra di Maradona, c’ era Ciccio Romano, il geometra del centrocampo, che la pensa diversamente dagli altri: «La cittadinanza è un fatto unico e di unico in quella formazione c’ era soltanto Diego. Mi piace pensare che il Comune veda in lui il simbolo di quel gruppo straordinario, e quindi premiando lui voglia premiare tutti noi. Non mi offendo se i politici non abbiano gratificato tutti i calciatori di quel Napoli, personalmente niente potrà gareggiare con la riconoscenza che mi viene dimostrata ogni giorno da trent’ anni. Mi basta aver giocato con Maradona e aver vinto con lui lo scudetto».
La prende più filosoficamente Gigi Caffarelli: «Sono napoletano, non mi occorre la cittadinanza». Lui era il tornante di destra, così fondamentale per l’ equilibrio tattico della squadra che mister Bianchi spesso lo preferiva a Carnevale. «È vero, il contributo fu di tutti ma bisogna scindere le due cose: l’ idea iniziale forse era quella di omaggiare tutta la squadra approfittando della ricorrenza del 10 maggio. Visto che in quella data non è stato possibile organizzare niente di ufficiale, il Comune ha virato su Maradona. Liberissimi di farlo, ci mancherebbe».
Alla fine, di tutto quello che doveva essere una festa resta un mare di polemiche. «Pochi si sono ricordati di noi lo scorso 10 maggio, sono state sbarrate le porte del San Paolo, sento i politici lamentarsi per il presunto compenso a favore di Diego: mi tengo lontano da litigi, pretesti e diatribe sottolinea Antonio Carannante, che nella squadra scudettata occupava il ruolo di terzino fluidificante sulla fascia sinistra quello che conta è il sentimento: sono orgoglioso di aver fatto parte di quel Napoli».
Fonte: Il Mattino