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L’analisi di De Giovanni: “Napoli monco. Caro mister, la bellezza astratta non paga”

Interviste
1 Novembre 2016 09:10 Di redazione
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Ecco l’editoriale dello scrittore Maurizio De Giovanni, apparso stamane sulle pagine del Corriere del Mezzogiorno: “Negli anni Settanta furoreggiavano allegri film che qui a Napoli definivamo di mazzate, protagonisti un Terence Hill vestito da cowboy e non con la tonaca di don Matteo e il nostro grande Bud Spencer. In questi film c’era sempre almeno una scena in cui un piccoletto si lanciava su Bud e si metteva a dargli una gragnuola di pugni o di elaborati colpi di arti marziali, che non lo scalfivano minimamente. A un certo punto, annoiato, Piedone si voltava verso il piccoletto e gli dava un’unica botta sulla testa, ovviamente mandandolo al tappeto immediatamente. Al tifoso napoletano di una certa età la gag dev’essere inevitabilmente venuta alla memoria, sabato sera. Perché il Napoli ha ben giocato, tenendo palla, facendola girare, tessendo trame, tentando affondi; purtroppo però non è riuscito nemmeno a solleticare la difesa bianconera, a parte naturalmente l’occasione del gol.

Quando invece i padroni di casa hanno deciso di schiacciare sull’acceleratore hanno approfittato degli errori difensivi di prammatica e hanno realizzato il minimo sufficiente per agguantare il pieno risultato. Il risultato. L’unica cosa che conta, a quanto pare. L’unica cosa che vada negli annali, che lasci il segno. Se volete uno spettacolo, ha brutalmente chiosato Allegri in perfetto stile Juve, andate al circo. Ha ragione? Ha torto? Non lo sapremmo dire. Sta di fatto che oggi i tifosi del Napoli si riscoprono a sette punti da una Juve pochissimo disposta a perderne molti per strada, e con uno scontro diretto in meno.

Non che in molti abbiamo altrimenti sperato, ai nastri di partenza; ma ci auguravamo che le cose fossero meno chiare a questo punto, così presto. Ci auguravamo di poter sognare un altro po’. La Juventus gioca male. Nel senso che, orientata alla vittoria, salta il centrocampo coi lanci lunghi di Bonucci e soci, perché tanto qualcosa quei mostri là davanti inventeranno, o gli avversari prima o poi sbaglieranno. Un motivo per cui un calciatore costa settanta, ottanta o novanta milioni e un altro sei, sette o nove ci sarà pure. La bruttezza concreta trionfa sulla bellezza astratta, soprattutto se quest’ultima è priva di una punta centrale purchessia. Il Napoli è monco. Può vincere, certo, e può anche giocare bene, ma è monco. Non ha un terminale offensivo né un tiratore da fuori, e questo riduce alla sola percussione centrale con taglio dell’esterno la possibilità di trovare il gol. Bisogna perciò aspettare che gli avversari lascino le maglie larghe, per provare a vincere.

Il Napoli così è una squadra che non gioca di rimessa, ma che ha le caratteristiche per giocare di rimessa. Oggi però rientra Gabbiadini in terra turca. Dopo l’assurdo gesto di Crotone, che ha messo a rischio quella partita e ha privato gli azzurri di un’alternativa a Torino, rientra Gabbiadini. Ci si aspetta che abbia voglia di spaccare il mondo o, come dice il Pampa Sosa, di divorare l’erba del terreno di gioco. Ci si aspetta che dimostri nell’ultimo momento utile di avere amore per questa maglia e per questa tifoseria che tanto lo hanno atteso, e che proponga il talento che universalmente gli viene riconosciuto.

E ci si aspetta in generale che il Napoli, che è tornato a correre e a far girare palla come ai bei tempi, ritrovi quel minimo di concretezza che serve a vincere le partite, perché ora sì che serve e perché, se il primo posto non compare più nella visuale di breve termine, il secondo sì e il passaggio agli ottavi di Champions pure. Besiktas e Lazio. Due risultati che vanno colti, magari con meno bellezza e più concretezza. Poi verrà la sosta, e ci si potranno leccare le ferite”.

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