Marolda: “Sarri è il miglior allenatore del momento, vi spiego perchè”
Ciccio Marolda, storica firma del giornalismo sportivo napoletano, analizza così la vittoria del Napoli contro la Fiorentina, nel suo editoriale apparso stamane sulle pagine del Corriere dello Sport: “Non è uno scandalo né una meraviglia che il Napoli sia in semifinale. C’è, invece, chi si meraviglia e grida allo scandalo che un allenatore come il signor Sarri sia arrivato solo a cinquantacinque anni in serie A. Intendiamoci, il diritto di credere quello che si vuole – foss’anche la cosa più sbagliata – è sacrosanto, ma forse dovrebbe meravigliare assai di più che poi per conquistare l’ammirazione di questo campionato abbia impiegato solo un anno e mezzo. Che visto dalla parte sua, cioè del signor Sarri, sarebbe (o è stato) come svegliarsi all’improvviso una mattina e scoprire d’essere il migliore allenatore del momento. In Italia, certo, ma non solo.
Perché al calcio del Napoli arrivano ormai pubblici encomi da ogni parte. E perché le teorie del signor Sarri oggi sono probabilmente quelle più studiate ed apprezzate. Sintesi come sono, in un calcio quasi sempre avaro di belle novità, d’un radicalismo tattico che pur incatenando lo spirito d’iniziativa dei giocatori in campo, poi comunque riesce a sfruttarne il talento e il sacrificio. Ma si sa, così come ogni pazienza, anche ogni intransigenza ha un limite. Che può essere questione d’intelligenza, ma anche di astuto adattamento a logiche d’opportunità. O, magari, di tutte e due le cose assieme, chi lo sa. Cert’è, è proprio quello che sta capitando al Napoli, che tradendo le antiche geometrie e persino il suo disegno originale, cerca e trova anche soluzioni più “normali”.
Da buona squadra, sì, ma non spettacolare a tutti i costi. Dai triangoli corti che incantano e che imbrigliano alla pressione feroce e al contropiede che non lascia scampo: ecco, è questo il Napoli che cambia. Che non è sempre divertente, è vero, ma che s’arricchisce di comunque vincenti alternative. Questione di maturità. Certamente di crescita generale e complessiva. Che vuol dire maturità e crescita anche dell’allenatore, il quale forse dopo solo un anno e mezzo ha cominciato una sfida con se stesso: la mutazione da straordinario addestratore a gran maestro di pallone. Cioè: tecnico altrettanto abile nella gestione di rose più ampie e equilibrate, rapido lettore di partite e, se serve, provvidenziale suggeritore di nuovi disegni nel corso delle gare.
Perché se è vero che gli elogi e i battimani fanno un gran piacere, è vero pure che poi tutto questo non ha senso se non si trasforma in un titolo, in una coppa, in un trofeo. Come la coppa Italia? Perché no. Avrebbe un gran significato. E sarebbe anche la prima medaglia per l’allenatore azzurro che arrivato tardi in serie A ha anche l’esigenza di stringere i tempi per cominciare a vincere qualcosa d’importante”.