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Il Napoli riparte, la Dacia Arena come “segno del destino”: dal Gonzalo furioso al Lorenzinho ritrovato

Opinioni
20 Novembre 2016 18:03 Di redazione
4'

Udinese-Napoli era il crocevia della stagione. Alla Dacia Arena è andato in scena lo snodo fondamentale di questa stagione perché se il Napoli avesse perso a Udine avrebbe certificato una crisi difficilmente reversibile, con la Dinamo Kiev alle porte, con un attacco orfano di un vero terminale offensivo e con la querelle interna Sarri-ADL destinata definitivamente a deflagrare. Ma anche pareggiando, forse, il risultato sarebbe stato pressoché identico, perché la distanza dal primo e dal secondo posto sarebbe rimasta comunque inalterata o, peggio ancora,  si sarebbe dilatata. Solo vincendo la squadra azzurra poteva riabilitare la sua condizione di convalescenza, rimettere sui binari giusti l’inerzia di una stagione iniziata non certamente sotto una buona stella.

Vincere a Udine non è impresa da poco, da sottovalutare. E per una lunga serie di ragioni: la prima è che il Napoli non vi riusciva da ben 9 anni, dal primo Napoli della massima serie targato De Laurentiis (c’erano ancora Reja, Cupi e Zalayeta); la seconda che si andava ad incontrare la squadra più in forma dell’ultimo mese di campionato, assieme alla Juventus e alle romane (i friulani con Del Neri nell’ultimo mese avevano perso soltanto allo Stadium con la Juventus); la terza che dopo dieci giorni senza ben 15 effettivi in giro per il mondo con le proprie nazionali, con alcune defezioni dovute a febbri improvvise e problemi fisici, non era per nulla facile ricominciare con una vittoria in trasferta.

Bravo Napoli, dunque. La vita ricomincia da Udine, laddove si era miserevolmente spenta lo scorso anno: la Dacia Arena come “luogo dell’anima”, metafora di una percorso immaginario che può riprendere corpo proprio laddove si era fatalmente arrestato. Il faccione imbufalito di Higuain, il Gonzalo furioso e le tre giornate di squalifica che ne seguirono, quel De Canio un po’ amico un po’ Caino che sapeva sfruttare a suo vantaggio la conoscenza del Napoli e impartiva una “lectio magistralis” a Sarri e quel 3-1 finale che mortificava e uccideva i sogni di Napoli e di quel Napoli.

Si riparte proprio da lì, da quel luogo, fisico e immaginario, che aveva sancito la resa tricolore, laddove il Napoli aveva virtualmente consegnato la via maestra alla Juventus, relegandosi ad un finale di stagione tormentato, polveroso ed irto di difficoltà. Dal profondo rosso da pellicola dell’orrore andato in scena lo scorso anno, all’azzurro intenso di una piovosa sera di fine novembre di ieri: lo scenario che fa da sfondo è sempre l’avveniristico stadio friulano, ma questa volta è il Napoli a cambiare faccia.

L’undici di Sarri ha ritrovato lo smalto perduto, quella cooperativa del gol che aveva smarrito. Senza Milik e Gabbiadini, erede designato di Higuain più del polacco, gli azzurri hanno ritrovato Lorenzo Insigne, l’uomo che forse più è mancato al Napoli quest’anno. La scorsa stagione Lorenzinho a questo punto del campionato era già a 6 reti e 4 assist, numeri importanti, non replicati in questo inizio di stagione. Prima le chiacchiere per il contratto, il penalty fallito col Besiktas, la polemica con l’allenatore, il dualismo con Mertens: è stato un inizio tormentato per lo scugnizzo azzurro.

E’ singolare e forse estremamente simbolico come proprio grazie a Lorenzo Insigne questo Napoli riprenda a correre: si riparte dalle sue giocate, dalla sua classe e, perché no, dalla sua vena realizzativa, che diviene ancor più fondamentale in un momento come questo dove alla squadra manca un bomber, un elemento risolutivo in fase di concretizzazione sotto rete.

Altro fattore non trascurabile è che l’asse decisivo, sul campo, questa volta è stato quello di destra. In genere il Napoli costruisce e fa male all’avversario sul versante mancino, con Hamsik, Ghoulam e Mertens o Insigne. Ad Udine, per una volta, è stato l’esatto contrario, l’asse di destra formato da un ritrovato Hysaj, da un instancabile Allan ed un “eroico” Callejon (aveva avuto la febbre) ha costruito e apparecchiato, mentre Insigne ha finalizzato. Questo perché qualcuno diceva che il Napoli non riesce a variare spartito della trama di gioco in campo…Quisquilie.

Fondamentale, in definitiva, aver vinto, portando via da Udine tre punti che acquistano valore massimo, perché da un lato consentono agli azzurri di ristabilirsi un po’ più vicini alla vetta, aspettando il derby e la difficile tappa della Roma spallettiana a Bergamo; dall’altro permettono a Sarri di preparare la “finale” europea contro la Dinamo Kiev di mercoledì prossimo in totale serenità, con qualche certezza in più e qualche mugugno in meno.

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