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Napoli VS Roma, Rafa come Walter e la sfida “senza tempo” da raccontare in rime…

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10 Ottobre 2016 13:50 Di redazione
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Napoli contro Roma. Anzi sarebbe meglio viaggiare sul politically correct anche nel linguaggio: Napoli VS Roma, altrimenti si rischia di travalicare i confini della decenza e dello sport. Il calcio è uno sport, andrebbe ricordato e andrebbe pure ribadito, sopratutto quando si parla di un match come questo, come Napoli-Roma.

Gli episodi di cronaca nera che possono essere ascritti a questo “antico” derby del sud di quel calcio che fu, sono tanti e, purtroppo, drammatici. Non serve ricordare i fatti del 3 maggio 2014, data della finalissima di Coppa nazionale, con lo strascico di morte, veleni e polemiche che ne sono scaturiti. Non vogliamo parlare del lato oscuro di Napoli-Roma, siamo sicuri che tanti sapranno farlo con puntuale sagacia e professionale sistematicità e leggerezza.

Noi vogliamo parlare di cosa rappresenta per il Napoli, per Napoli e i napoletani, questa partita. Napoli contro Roma è come piazzare l’una di fronte all’altra le due facce di una stessa medaglia, la dizione greca e romana di una stessa divinità del mondo classico, come Zeus e Giove, Atena e Minerva, Dioniso e Bacco.

Napoli e Roma hanno nomi differenti, ma l’essenza ontologica, il substrato da cui emergono le piazze calcistiche sono i medesimi e si fondano su elementi simili: pathos, colore, esasperazione, facile entusiasmo (e altrettanto facile depressione), isterismo, frenesia, impazienza, lamento, vittimismo.

Diciamocelo, almeno tra di noi, che la matrice che accompagna i percorsi e le storie calcistiche di Roma e Napoli, è pressoché identica. E forse la rivalità, la scarsa predisposizione alla coabitazione e in alcuni casi anche l’odio sportivo che si è infiltrato da almeno un trentennio nei rapporti tra le due tifoserie, ne è naturale conseguenza.

Napoli e Roma sono quotidianità metropolitane di contraddizioni e di problemi. Napoli e Roma sono anime lacerate da precarietà e malaffare. Napoli e Roma sono luci nella notte che sanno di struggente bellezza e nostalgico tormento. Napoli e Roma sono anche storie di passione travolgente, frames di stadi traboccanti di colore e folclore, bagni di folla per le vie storiche inondate di felicità e di follia pallonara, in occasione delle (rare) feste per la vittoria di uno scudetto.

Andrebbe analizzato il perché a Napoli come a Roma è così difficile vincere. Un’idea ce l’abbiamo, ma non vogliamo parlarne qui, andrebbero aperti fascicoli e faldoni interi di letteratura calcistica per spiegarne le ragioni.

Ci tornano in mente le dichiarazioni di Rafa Benitez sullo “spalla a spalla”, sull’unità e la compattezza dell’ambiente, sul fuoco amico. E ci vengono in mente perché fanno il paio con quelle del Sabatini dimissionario di qualche giorno fa. Personaggi diversi, storie e contesti diversi, parole simili.  Napoli e Roma sono simili soprattutto in questo. Non vincono prima di tutto perché non hanno ancora capito che si vince prima intorno e solo poi anche sul campo.

benicalle

La grande risorsa delle due città, ovvero il il tifo, la sua passione e la sua forza, finisce col diventare il “veleno” mortifero che ne oscura i sogni, ne mortifica le ambizioni e ne abbatte le velleità. L’ echilibrio che Rafa invocava sul campo ma soprattutto sugli spalti e nella tribuna affollata di “addetti ai lavori” potrebbe essere quella la ricetta giusta.

A maggior ragione ora, dopo la sconfitta di Bergamo e la sciagura occorsa a Milik che ha freddato gli animi dei tifosi.

Intanto sabato sarà Napoli-Roma, una partita diversa da tutte le altre. Una partita da vincere a tutti i costi per il popolo del tifo delle due città, sentita come uno Sparta contro Atene,  pregna di significati che trascendono dalla mera classifica e dal risultato sportivo tout court. E il San Paolo sarà un’arena senza tempo, il teatro di uno scontro epico, da raccontare in rime. E che poi finisca lì.

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